Solo la cultura ed il lavoro possono essere vera emancipazione sociale, solo la scuola e la consapevolezza dei diritti e doveri trasformano la persona in cittadino. E solo i cittadini consapevoli possono e sanno ribellarsi alla sub-cultura della sopraffazione ed a quel rapporto tra criminalità e politica che identifica le mafie. Eppure in Italia, patria della cultura e del diritto, si continuano a tagliare i fondi per la scuola e per le varie forme di cultura, dal teatro alla cinematografia, dalla musica all'editoria. Come far capire al Governo Berlusconi che ogni taglio alla cultura, significa aiutare chi vuole persone con poco spirito critico e quindi più asservibili alle logiche mafiose? Niente da fare: neanche i dati economici, in questo periodo di crisi, sembrano far capire ai ministri Tremonti e Gelmini ed al presidente Berlusconi, che la cultura è anche una industria che produce maturità sociale e lavoro, per di più intellettuale, oltre che materiale. L'Italia, nel 2008 ha investito in cultura solo lo 0,28% del Pil e per il 2009 la previsione è molto al ribasso; mentre negli altri paesi europei, si investe l'1,4-1,5% del prodotto interno lordo, quattro volte la cifra stanziata nel nostro paese, che dovrebbe essere invece - per storia e tradizione- il primo paese al mondo negli investimenti culturali. Invece in Italia si tagliano i fondi per lo spettacolo, i beni culturali, la scuola e la ricerca. In più, per effetto dei tagli del governo ai Comuni (esempio:Ici), gli stessi comuni hanno tagliato il 50% degli investimenti per cultura e spettacolo. Ma questo governo sembra preferire tagli indiscriminati nella cultura e nella scuola, cioè proprio là dove si formano i cittadini, dove si cresce come sistema paese, dove si crea futuro e intelligenza attiva, capacità critica e voglia di migliorare il mondo: e dove si crea coscienza antimafia, perchè è dalla cult ura che si impara a crescere sapendo che i propri diritti, non sono un favore da chiedere a qualcuno; al potente di turno, al mafioso che scambia i bisogni per protezione, al politico che chiede il voto in cambio di un aiuto ad avere quel che la Costituzione prevede come diritto del cittadino italiano. E' invece tragicamente vero che oggi molti modelli di comportamento passano dall'uso distorto delle televisioni, dal concetto che il cittadino sia più consumatore che persona con una coscienza critica. I tagli drastici alla cultura non sono mai il frutto di scelte casuali e chi li pratica conosce bene il rischio di dover governare un popolo colto. Un popolo che legge e che va al cinema e a teatro, che ascolta la musica, che studia e fa ricerca è un popolo che sa scegliere, che partecipa, che giudica, che non accetta di ridursi a una "plebe" passiva di consumatori. E' soprattutto un popolo che sa difendere, insieme con la cultura, la propria identità e la democrazia . Nei paesi civili, qualunque sia il colore del governo e l'entità della crisi economica, nessuno si sognerebbe mai di penalizzare la cultura. Perchè, nei paesi civili, la cultura è considerata una priorità, un bene da difendere e incrementare, alla pari con la sanità, con i trasporti, la viabilità e tutto il resto. Come non capire che la scuola, soprattutto in alcune regioni e periferie del nostro paese, è la prima frontiera dell'Antimafia vera, quella educativa? Invece l'attuale governo non vede e non capisce: e viene il sospetto che non voglia vedere o capire, per offrire così il fianco, e la testa, alla sub-cultura mafiosa che proprio di ignoranza e sottomissione si alimenta e vive.
Michele Cagnazzo Responsabile "Osservatorio Regionale sulla Legalità" IDV
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