“Emergenza cocaina a Bari e provincia.”
L’inchiesta del criminalista Michele Cagnazzo a capo dell’Osservatorio Regionale sulla Legalità Puglia, fotografa una situazione drammatica
“Una classe dirigente che può finire in polvere”
L’avvocato e la babysitter, il medico e il camionista, la maestra d’asilo, il politico e l’imprenditore, il bancario e il broker.
Mestieri diversi di persone a cui affidiamo quotidianamente la nostra vita o quella dei nostri bambini, i nostri risparmi o i nostri beni. Uomini e donne che in alcuni casi nascondono un vizio che li rende del tutto inaffidabili , a volte pericolosi: è la fotografia dei cocainomani baresi.
A parlare è il criminalista e studioso di scienze criminologiche applicate Michele Cagnazzo: “una droga che modifica il codice etico, che disinibisce, toglie la paura e dà il gusto del rischio, magari in mestieri dove sarebbero necessarie calma e riflessività”. Continua Cagnazzo: “Recentemente, si è rivolto al SERT un medico chirurgo che opera nell’hinterland barese. Per fare carriera, accetta i turni di notte ma la sua, è una lucidità drogata, come la sua mano”.
Una storia come mille altre nella “Bari da bere”, dove ormai “le interazioni sono influenzate dalla cocaina” assicura Cagnazzo “in tutti i campi”.
“Chi fa uso di questa droga è ben inserito nella società e impone modelli di azione temerari e aggressivi”. Basterebbe girare la notte del sabato sera per avere la fotografia di una società “cocainizzata”, ne riconosciamo gli estremi, gli eccessi. Continua sempre Cagnazzo: “Per colpa della cocaina si varcano soglie da cui è difficile tornare indietro”. Sesso estremo, incesto, pedofilia, ogni fantasia rischia di diventare realtà.
Secondo l’indagine dell’Osservatorio: “C’è un consumo gigantesco ed una domanda spaventosa di cocaina. La novità è che tale richiesta proviene, non solo dai marginali della società, ma da onesti lavoratori, professionisti affermati, giovani e meno giovani”. Secondo il rapporto, il numero dei consumatori baresi giovanissimi, è in continua crescita. Sarebbero 9 baresi su cento, ovvero 29.700 baresi compresi tra i 14 e i 54 anni, ad aver fatto uso di cocaina e cannabis almeno una o più volte nella vita. Di questi, il 15% si rivolge ai SERT, chiedendo di essere aiutato a disintossicarsi. Il rapporto indaga molti aspetti, tra cui, non è un mistero che la cocaina, come le altre droghe, è presente nella vita quotidiana di persone rispettabilissime. Come non è un mistero che essa, causi una gravissima forma di dipendenza fisica e psicologica. La risposta, per tutti e due gli aspetti del fenomeno, è forse nel riconoscimento della realtà. Con la droga si vive. Con la droga, si conduce una lotta per liberarsene. Con la droga si muore.
Però, quando l’inchiesta condotta dall’Osservatorio si dice che sono i comuni cittadini ad essere consumatori abituali di stupefacenti e che la penetrazione della droga, nella vita di tutti i giorni, è tale da rendere impossibile il lavoro di contrasto, ci si pone inevitabilmente delle domande. Perché non fare in modo che queste persone siano sottratte alla contiguità con le organizzazioni criminali che gestiscono i traffici?
Visti i numeri, non è difficile immaginare quanto sia esteso il dominio di chi controlla il mercato della “neve”.
Solo con la cocaina, le organizzazioni criminali baresi, fatturano diversi milioni di euro grazie ad una domanda della società barese che ha assunto proporzioni apocalittiche. Non c’è festa, nella “Bari da bere”, dove alla fine, invece di un buon caffè o limoncello, non si chiuda con un bel vassoio d’argento con tanta, tantissima, neve bianca.
Mondi diversi si incrociano davanti a vassoi pieni di polvere bianca: dalla politica alla comunicazione, alla finanza, molti “potenti” vengono uniti da un filo bianco. Un club esclusivo, i cui membri si scambiano anche notizie sensibili.
Fornitori ufficiali dei clan baresi, i cartelli più potenti della ‘ndrangheta e della camorra, che sono oggi tra i più grandi mediatori mondiali per il traffico della cocaina. Tutto questo si verifica in una Bari, dove i clan Strisciuglio, Capriati, Diomede, Mercante e Di Cosola si sono a lungo fronteggiati per il controllo dei vari quartieri, nonché di acquisire un ruolo sempre più autonomo nel settore del traffico degli stupefacenti. Vengono a rifornirsi da tutta la provincia barese, anche nel quartiere Japigia, sempre trafficatissimo, il viaggio della speranza per approvvigionarsi di polvere bianca, di ottima qualità, lo compiono in tanti. La mattanza tra i clan baresi avviene sul piano commerciale, quando si riesce a comprare meglio e a rivendere ad un prezzo concorrenziale. Non stiamo parlando di chili ma di quintali di cocaina l’anno. Smerciati anche attraverso insospettabili pusher in tutto il barese. Diventa facile capire la quantità di denaro di cui dispongono i clan, al netto di cemento ed estorsioni, dove gli accordi ed i relativi acquisti, vengono decisi a pranzo nei migliori ristoranti di Bari e Matera, passando per Altamura. Conclude Cagnazzo: “Non sono pochi neanche i consumatori baresi che hanno iniziato a mantenere il proprio vizio pagando “in natura”, ovvero in “prestazioni lavorative” o notizie. Una rete sempre più estesa nel barese, in cui anche il consumatore può diventare spacciatore e guadagnare molto denaro. Come, talvolta, dimostrano le fuoriserie che sfrecciano nelle notti baresi: alla guida lo studente o il barista, unico requisito, un’agenda fitta di nomi. Aggiunge Cagnazzo: “Un medico barese, mi ha confidato di aver visto un professionista quarantenne, con i lobi frontali del cervello ridotti come quelli di un ottantenne malandato. Senza calcolare, lo sfiancamento delle pareti cardiache e del sistema circolatorio. Il peso di questa epidemia sul nostro sistema sanitario, di per sé già malandato, sarà devastante”.
Dott. Michele Cagnazzo
Criminalista e studioso di
Scienze Criminologiche Applicate
Resp.le “Osservatorio Regionale sulla Legalità – Puglia”
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